Detossificazione da metalli pesanti e tossine ambientali

Perché parlare di detossificazione? E’ ormai riconosciuto che a partire dalle prime rivoluzioni industriali l’esposizione a composti chimici ed ai metalli pesanti  (es. piombo, mercurio, cadmio) è aumentata notevolmente e coinvolge una fetta crescente della popolazione mondiale, soprattutto quella residente nell’ambiente urbano. 

Benché la conoscenza e la consapevolezza ambientale siano sempre più diffuse, la situazione ecologica continua ad aggravarsi con il trascorrere del tempo. 

Nella maggior parte dei casi si tratta di molecole sintetizzate dai processi industriali, le quali, una volta prodotte, sono entrate nei cicli chimici e biologici planetari diluendosi nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Molte molecole derivanti dai prodotti chimici utilizzati nell’uso domestico oppure dispersi nell’ambiente (es. solventi, pesticidi, erbicidi, derivati della plastica, detergenti etc.) mostrano proprietà di alta persistenza, scarsa idrosolubilità e difficile smaltimento biologico esercitando, da sole oppure in combinazione tra loro, effetti tossici, che possono incidere negativamente sullo stato di salute. Molte di questi composti si comportano come veri e propri interferenti endocrini, cioè influenzano il sistema ormonale per somiglianza strutturale con gli ormoni fisiologici, come per esempio i bisfenoli, i ritardanti di fiamma, gli ftalati, le diossine ed il DDT. Inoltre molte sostanze chimiche possono alterare le funzioni metaboliche e genetiche di una cellula. Infatti, tramite la creazione di molecole antiossidanti  oppure attraverso modalità di interazione diretta l’espressione genetica del DNA contenuto in ogni cellula può essere modificata determinando ulteriori ripercussioni sull’architettura e sull’efficienza cellulare. In generale gli inquinanti ambientali possono esercitare effetti pro-infiammatori, mutageni della molecola del DNA, interferenti con la funzionalità ormonale e/o favorenti l’accumulo adiposo in alcune sedi (es. fegato).

Attraverso  un percorso personalizzato di detossificazione naturale, possiamo ridurre il bioaccumulo di tossine, a cui siamo quotidianamente esposti. Si aggiunga in merito che l’esposizione spesso non riguarda solamente una singola tossina, bensì una miscela complessa di sostanze a bassa o media concentrazione contemporaneamente riscontrate nell’aria, nel particolato atmosferico, nell’acqua e nei cibi. Si interviene migliorando i processi fisiologici di detossificazione ed eliminazione delle molecole tossine, oltre ad intervenire positivamente sull’integrità e sulla funzionalità delle cellule.  

Gli organi emuntori sono deputati all’eliminazione del materiale di scarto dell’organismo e, più precisamente, includono: il fegato, i reni, l’intestino, la cute ed i polmoni. 

Nel corpo transitano innumerevoli quantità di tossine di origine sia esogena (virus, batteri, tossine alimentari, farmaci, metalli pesanti sostanze inquinanti) che endogene come i prodotti intermedi dei processi metabolici. Queste tossine possono seguire due destini: da una parte sono elaborate dagli organi emuntori, mentre dall’altra, vengono depositate nella matrice mesenchimale, che è il punto di arrivo e partenza delle informazioni nervose, immunitarie ed endocrine. Da qui le tossine e le scorie metaboliche sono trasportate dal sistema linfatico per essere poi convogliate verso i differenti organi emuntori, la cui funzionalità è dirimente nella successiva fase di eliminazione.

Una condizione ottimale di salute dipende non solamente dall’introduzione dei corretti elementi nutritivi, ma anche della capacità di eliminare le sostanze indesiderate. Quando si verifica un ristagno delle sostanze di scarto si possono originare una cascata di sintomi eterogenei, tra cui è possibile citare:

  • Palpebre gonfie, naso chiuso, lingua patinosa, vista offuscata, alitosi, mal di testa, problemi cutanei, dolore addominale e malessere generale
  • Confusione, memoria labile, mancanza di concentrazione
  • Alterazioni del tono dell’umore

L’organismo è un sistema di flusso dinamico la cui salute dipende dall’equilibrio tra l’introduzione, la trasformazione e l’escrezione finale delle sostanze di rifiuto. Qualora questo meccanismo è malfunzionante può instaurarsi un circolo vizioso dove l’eccessivo e progressivo accumulo di tossine determina il rallentamento delle attività degli stessi organi emuntori.

Il fegato è l’organo centrale del processo di detossinazione la cui funzionalità dipende da un sistema complicato di reazioni chimiche, che trasformano le sostanze tossiche in altre meno nocive per l’organismo. Se perfettamente funzionante quest’organo riesce a metabolizzare fino al 98% delle tossine attraverso reazioni di detossinazione (metilazione, acetilazione, glucuronazione, solfatazione, sulfossidazione) ed eliminazione. Più precisamente è possibile suddividere il processo di detossinazione epatica in due passaggi: reazioni di fase I e II. La prima modifica chimicamente le tossine in molecole intermedie che possono essere processate dalla fase II. Le sostanze finali, infine, possono essere escrete dai reni nelle urine oppure dal fegato attraverso l’intestino e le feci.

Qual è il modo migliore per liberarsi dalle tossine? Innanzitutto evitare che entrino all’interno dell’organismo! Un percorso di detossinazione non può prescindere da un intervento nutrizionale in modo tale da ridurre l’introduzione delle tossine alimentari (microrganismi patogeni, additivi ed inquinanti), modificare gli squilibri metabolici e rifornire l’organismo di tutti i micronutrienti indispensabili per le suddette funzioni, non da ultimo le molecole naturali dotate di proprietà diuretiche. A questo riguardo il ruolo dei reni nel mantenere costante sia il volume che la composizione ematica è fondamentale e permette che le tossine idrosolubili siano espulse nel più breve tempo possibile dall’organismo. Concludendo, un percorso di detossinazione deve tener conto non solo delle capacità di metabolizzare le sostanze nocive, ma anche di poterle eliminare attraverso il sistema drenante, che rappresenta una funzione essenziale per consentire al corpo di ritrovare la propria efficienza fisiologica.

I metalli tossici sono estremamente diffusi all’interno delle società industrializzate ed i loro livelli hanno ormai raggiunto un traguardo storico. 

Le fonti principali di esposizione sono le seguenti: attività minerarie ed inerenti i rifiuti tossici, utilizzo di pitture contenenti piombo e di altri prodotti chimici quotidiani, le emissioni tossiche da parte delle industrie e la diffusione di nuove tecnologie (nanomateriali contenenti cadmio).

Il cadmio, il piombo ed il mercurio non svolgono un ruolo biochimico nell’organismo, bensì esercitano tossicità differenti in numerosi sistemi organici poiché si legano ai tessuti, contribuiscono allo stress ossidativo, modificano le attività endocrine ed interferiscono con le funzioni di altri minerali come il magnesio e lo zinco. In particolare i metalli tossici pongono un grande rischio per la salute dei bambini in quanto un’esposizione precoce potrebbe compromettere il loro sviluppo fisico, intellettuale e comportamentale. D’altra parte negli adulti molte malattie croniche, tra cui quelle cardiovascolari, renali ed il declino neurologico, sono state fortemente associate all’intossicazione da metalli pesanti. Si aggiunga che l’Agenzia per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato il cadmio come carcinogeno, il piombo inorganico ed il metilmercurio rispettivamente come un probabile e possibile carcinogeno.

Il termine chelazione si riferisce all’incorporazione degli ioni e dei cationi minerali all’interno di strutture organiche a forma di anello, dette molecole chelanti. Queste hanno la capacità di mobilizzare i metalli dai tessuti in cui sono depositati e di legarli a sé durante la circolazione ematica per poi trasportarli ai reni ed al fegato, dove possono essere eliminati attraverso le urine e la bile rispettivamente. Esistono all’interno dell’organismo delle molecole fisiologiche in grado di chelare i metalli. In particolare l’insieme delle proteine capaci di legare i metalli, a cui appartengono le metallotioneine, sono chelanti potenti dei metalli tossici e svolgono un ruolo protettivo importante in caso di intossicazione. Inoltre si ipotizza che alcuni alimenti riducano l’assorbimento dei metalli tossici e supportino i processi di detossinazione. Le caratteristiche delle fibre insolubili, contenute nella crusca dei cereali e nella frutta, possono essere di sostegno alle terapie chelanti al fine di interrompere il riassorbimento enteroepatico dei metalli e modulare la composizione del microbiota intestinale. Altri polimeri naturali meritevoli di ulteriori approfondimenti per la loro capacità di assorbire i metalli pesanti sono i polisaccaridi alginati di origine algale, la clorella e la pectina di agrumi modificata.

Tenendo conto del fatto che i metalli tossici possiedono una grande affinità per i peptidi contenenti zolfo alcune osservazioni suggeriscono di aumentare il consumo di alcuni alimenti, come l’aglio e le verdure appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae (e.g. broccoli, cavolo, cavolfiore, cavolini di Bruxelles). Spesso le strategie naturali per la chelazione puntano sull’incremento delle funzioni detossificanti che utilizzano il glutatione, che rappresenta un chelante fisiologico fondamentale e la cui forma ridotta protegge le cellule dallo stress ossidativo prodotto dei metalli pesanti. Non si può tralasciare il ruolo dei minerali nutrizionali, tra cui in particolare il selenio, che è un elemento essenziale per l’organismo in grado di formare composti estremamente stabili ed insolubili con il mercurio, svolgendo un ruolo protettivo nei confronti della sua intossicazione e del conseguente stress ossidativo. E’ opportuno sottolineare che lo stato nutrizionale influenza l’assorbimento dei metalli pesanti, poiché i cationi tossici sono trasportati dalle stesse proteine deputate all’assorbimento dei minerali essenziali quali il magnesio, lo zinco ed il ferro. Da ciò è possibile affermare che i soggetti aventi un’alimentazione squilibrata e carente degli oligoelementi hanno un maggior rischio di intossicazione.

I metalli tossici sono estremamente diffusi all’interno delle società industrializzate ed i loro livelli hanno ormai raggiunto un traguardo storico.

Le fonti principali di esposizione sono le seguenti: attività minerarie ed inerenti i rifiuti tossici, utilizzo di pitture contenenti piombo e di altri prodotti chimici quotidiani, le emissioni tossiche da parte delle industrie e la diffusione di nuove tecnologie (nanomateriali contenenti cadmio).

Il cadmio, il piombo ed il mercurio non svolgono un ruolo biochimico nell’organismo, bensì esercitano tossicità differenti in numerosi sistemi organici poiché si legano ai tessuti, contribuiscono allo stress ossidativo, modificano le attività endocrine ed interferiscono con le funzioni di altri minerali come il magnesio e lo zinco. In particolare i metalli tossici pongono un grande rischio per la salute dei bambini in quanto un’esposizione precoce potrebbe compromettere il loro sviluppo fisico, intellettuale e comportamentale. D’altra parte negli adulti molte malattie croniche, tra cui quelle cardiovascolari, renali ed il declino neurologico, sono state fortemente associate all’intossicazione da metalli pesanti. Si aggiunga che l’Agenzia per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato il cadmio come carcinogeno, il piombo inorganico ed il metilmercurio rispettivamente come un probabile e possibile carcinogeno.

Il termine chelazione si riferisce all’incorporazione degli ioni e dei cationi minerali all’interno di strutture organiche a forma di anello, dette molecole chelanti. Queste hanno la capacità di mobilizzare i metalli dai tessuti in cui sono depositati e di legarli a sé durante la circolazione ematica per poi trasportarli ai reni ed al fegato, dove possono essere eliminati attraverso le urine e la bile rispettivamente. Esistono all’interno dell’organismo delle molecole fisiologiche in grado di chelare i metalli. In particolare l’insieme delle proteine capaci di legare i metalli, a cui appartengono le metallotioneine, sono chelanti potenti dei metalli tossici e svolgono un ruolo protettivo importante in caso di intossicazione. Inoltre si ipotizza che alcuni alimenti riducano l’assorbimento dei metalli tossici e supportino i processi di detossinazione. Le caratteristiche delle fibre insolubili, contenute nella crusca dei cereali e nella frutta, possono essere di sostegno alle terapie chelanti al fine di interrompere il riassorbimento enteroepatico dei metalli e modulare la composizione del microbiota intestinale. Altri polimeri naturali meritevoli di ulteriori approfondimenti per la loro capacità di assorbire i metalli pesanti sono i polisaccaridi alginati di origine algale, la clorella e la pectina di agrumi modificata.

Tenendo conto del fatto che i metalli tossici possiedono una grande affinità per i peptidi contenenti zolfo alcune osservazioni suggeriscono di aumentare il consumo di alcuni alimenti, come l’aglio e le verdure appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae (e.g. broccoli, cavolo, cavolfiore, cavolini di Bruxelles).

Spesso le strategie naturali per la chelazione puntano sull’incremento delle funzioni detossificanti che utilizzano il glutatione, che rappresenta un chelante fisiologico fondamentale e la cui forma ridotta protegge le cellule dallo stress ossidativo prodotto dei metalli pesanti. Non si può tralasciare il ruolo dei minerali nutrizionali, tra cui in particolare il selenio, che è un elemento essenziale per l’organismo in grado di formare composti estremamente stabili ed insolubili con il mercurio, svolgendo un ruolo protettivo nei confronti della sua intossicazione e del conseguente stress ossidativo. E’ opportuno sottolineare che lo stato nutrizionale influenza l’assorbimento dei metalli pesanti, poiché i cationi tossici sono trasportati dalle stesse proteine deputate all’assorbimento dei minerali essenziali quali il magnesio, lo zinco ed il ferro. Da ciò è possibile affermare che i soggetti aventi un’alimentazione squilibrata e carente degli oligoelementi hanno un maggior rischio di intossicazione.