Il DNA è una sequenza contenuta in ogni cellula che contiene l’informazione per lo sviluppo e l’organizzazione di ogni essere vivente. Ma il DNA non è uguale in ogni persona, così come non sono uguali i fattori di protezione o vulnerabilità di natura genetica. Anche le capacità di detossificazione sono influenzate dal patrimonio genetico di ciascuno, che, in combinazione con l’ambiente, incide su qualsiasi aspetto dell’organismo.
Il concetto di detossificazione
Siamo continuamente esposti giorno dopo giorno a numerose molecole chimiche, molte delle quali sono potenzialmente tossiche per l’organismo. Tra le più importanti possiamo citare gli ftalati, il bisfenolo A, le ammine policicliche aromatiche, i PCB, i pesticidi clorurati, i metalli pesanti e molte altre. L’organismo, tuttavia, dispone di molti sistemi che hanno lo scopo di disattivare tutte le sostanze tossiche penetrate nell’organismo e quindi di favorirne l’espulsione. Le capacità di rimuovere le tossine ed in generale gli xenobiotici sono localizzate per lo più nell’intestino tenue e nel fegato. Più precisamente le reazioni di detossificazione avvengono in tre fasi. La prima utilizza enzimi detti citocromi che preparano le tossine ad essere eliminate attraverso reazioni enzimatiche di attivazione. Successivamente nella seconda fase le tossine già pre-attivate vengono coniugate a specifiche molecole come la glicina, l’acido glucuronico, il glutatione o i solfati. Questo nuovo legame fa sì che le tossine vengano eliminate più facilmente nell’ultima fase, soprattutto tramite la bile o le urine. Senza tralasciare che tutti questi processi di detossificazione agiscono anche per l’eliminazione dei vari prodotti di scarto del normale metabolismo, come per esempio nel caso della bilirubina o acido urico in eccesso.
Il grado di tossicità organica può alterare il funzionamento cellulare.
L’organismo è continuamente attraversato da un enorme quantità di molecole tossiche endogene (es. prodotti metabolici) ed esterne come le tossine microbiche ed alimentari, l’inquinamento ambientale, gli additivi e l’abuso di farmaci. Quando l’esposizione è contenuta ed i sistemi emuntoriali (fegato, polmoni, intestino, pelle, reni) sono efficienti queste tossine attraversano l’organismo senza determinare interferenze significative sul corpo, che rimane pertanto nella condizione di equilibrio, cioè in salute. Se viceversa, la tossina è particolarmente dannosa ed i sistemi di detox e di drenaggio non sono sufficienti si determina un’alterazione dell’equilibrio a livello cellulare e tissutale. In merito, qualora l’organismo non sia in grado di neutralizzare e di espellere le tossine si assiste ad una fase di deposito prima a livello degli spazi interstiziali e poi all’interno delle cellule provocando anomalie nelle attività enzimatiche, danni cellulari e stress ossidativo con la conseguente degenerazione dei tessuti organici.
Attualmente i dati confermano che nelle società industriali l’esposizione a sostanze nocive e tossiche è praticamente ubiquitaria e persistente. Queste sostanze, quando lasciate immodificate o non eliminate, possono incidere negativamente sulle attività cellulari e portare ad effetti potenzialmente patogeni. Non tutte le persone, tuttavia, rispondono allo stesso modo all’accumulo di molecole nocive o ai farmaci, ma esistono differenze rilevanti nella relativa suscettibilità o effetti avversi. E ciò dipende anche dal DNA di ciascuno. La genetica, infatti, consente di analizzare le variazioni ereditarie nel genoma che possono spiegare le differenze individuali nella risposta a potenziali sostanze tossiche.
Il contributo della genetica
L’analisi genetici consente di valutare la propria suscettibilità genetica nei confronti delle problematiche legate all’accumulo di tossicità nell’organismo. In particolare è possibile analizzare la presenza di varianti genetiche, dette polimorfismi, che modificano le capacità di metabolizzazione delle tossine o espongono ad un maggior danno a livello cellulare e del DNA stesso in seguito all’esposizione chimica (es. benzene, tabacco, pesticidi). Generalmente i geni sul DNA, infatti, contengono le informazioni per la sintesi di speciali proteine, dette enzimi, che rappresentano gli snodi fondamentali delle funzioni cellulari.
Gli studi genetici hanno evidenziato numerosi geni coinvolti nei processi di detossificazione ed hanno scoperto la presenza nella popolazione di varianti abbastanza comuni, dette polimorfismi, che influenzano la struttura e la funzionalità degli enzimi codificati nel rispettivo gene. Molti di questi polimorfismi sono stati trovati in una delle classi di enzimi più importanti nella detossificazione, i citocromi P450. Questi sono coinvolti nei primi processi di detossificazione di più del 90% delle sostanze (es. inquinanti, cancerogeni, farmaci). Questi enzimi sono espressi sia nel fegato che in altri organi (es. intestino) e agiscono modificando le tossine al fine di renderle più facilmente eliminabili.
Sono stati scoperti numerosi polimorfismi genetici legati alla detossificazione.
Non bisogna dimenticare che anche l’alcool è per l’organismo una vera e propria “tossina”, di cui è meglio sbarazzarsi al più presto. Il miele ed alcuni frutti maturi e fermentati possono contenere occasionalmente un po’ di etanolo, ma il consumo di alcool era probabilmente trascurabile finché le popolazioni non cominciarono a far fermentare le bevande a partire dalla frutta e dai cereali almeno 7000 anni fa. Da allora il consumo è molto più frequente e una buona fetta della popolazione consuma 20-40 g di alcool più volte alla settimana corrispondente a qualche bicchiere di vino. L’alcool (etanolo) è un nutriente particolarmente energetico, ma per far fronte alle sue conseguenze biochimiche l’organismo dispone di sistemi di detossificazione, in particolare per far fronte all’accumulo nocivo dell’acetaldeide. In merito esistono diverse varianti genetiche che predispongono ad una maggiore sensibilità al consumo di alcool ed ai suoi effetti a livello fisico e mentale.
I geni coinvolti nei processi detox sono numerosi come per esempio NQ01, ALDH, NAT, CYP, CAT, EPHX, GST e PON1. Ciascuno di questi geni è responsabile dell’espressione di un enzima coinvolto in un determinato processo biologico e le differenze a livello della sequenza del DNA possono provocare effetti a cascata sulle reazioni enzimatiche.
Un altro esempio chiarificatore è dato dagli enzimi che utilizzano il glutatione.
Il glutatione è uno dei metaboliti più importanti che partecipano alle reazioni di detossificazione ed è una molecola prodotta in grandi quantità dall’organismo e costituisce una difesa importante contro i danni da radicali liberi e nella rigenerazione di altri fattori antiossidanti. Esistono diversi geni che codificano per enzimi detti glutatione-transferasi, che fanno parte di una famiglia di enzimi che svolgono un ruolo importante nella detossificazione catalizzando la coniugazione di molte molecole con il glutatione ridotto. Nei mammiferi questi enzimi sono suddivisi in più classi tra cui alfa, mu, k, teta, pi, omega e zeta. Per esempio i geni GSTM1, GSTP1 e GSTT1 codificano per due enzimi importanti nelle reazioni di detossificazione epatica di cancerogeni, farmaci, tossine ambientali e prodotti dello stress ossidativo. Tuttavia si è scoperto che circa la metà della popolazione mondiale è portatrice di varianti delete in questi geni, che determinano una perdita di funzionalità dell’enzima, in quanto un lungo segmento del gene è assente. Tutto ciò non può che influenzare negativamente le capacità detossificanti ed antiossidanti dell’organismo.
Detox e salute
L’esposizione agli inquinanti è associata ad un aumento del rischio di molte malattie croniche e sappiamo che questa interazione è il risultato dell’interazione tra la reattività individuale ed il grado di tossicità organica. Gli studi hanno dimostrato che le tossine aumentano il rischio di incorrere in un ampio spettro di malattie scatenando stress ossidativo, alterando l’equilibrio ormonale e metabolico, oltre ad indurre un persistente stato pro-infiammatorio. Sappiamo, per esempio, che molti cancerogeni o inquinanti sono in grado di legarsi al DNA e di formarvi degli addotti chimici, i quali a loro volta promuovono l’instabilità genetica con potenziali danni irreversibili e pro-tumorali. Tra le malattie coinvolte nelle forme di tossicità ci sono le patologie cardiovascolari, metaboliche, epatiche (es. steatosi epatica), neurologiche o del neuro-sviluppo, reumatiche, autoimmuni (es. tiroiditi) e tumorali.
Le conseguenze derivanti dal tipo di DNA non sono a sé stanti, bensì interagiscono con i fattori ambientali. Per esempio è stato dimostrato che alcune componenti alimentari esercitano più o meno effetti benefici a seconda del proprio genotipo, cioè a seconda delle caratteristiche genetiche. Il fatto che la genetica sia profondamente intrecciata agli esiti terapeutici è alla base dell’attuale modello di medicina di precisione, che si sofferma sulle proprietà uniche di ciascuna persona al fine di massimizzare i benefici delle terapie individuando quelle più adatte e congrue per la singola persona.
In conclusione l’analisi del DNA rappresenta uno strumento all’avanguardia in chiave preventiva e terapeutica.
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