La tiroide è una ghiandola endocrina posta a livello del collo, che secerne gli ormoni T3 e T4. Il primo è la forma attiva del secondo, e ha il compito di esaltare l’attività metabolica e l’irrorazione sanguigna di tutti i tessuti, con il risultato di fornire più ossigeno e nutrienti alle cellule e di aumentare la velocità di utilizzazione dei nutrienti a fini energetici (in pratica, è la centralina del metabolismo), evitando così la formazione di grasso in eccesso. La funzione della tiroide è a sua volta regolata dall’ormone TSH, secreto dall’ipofisi, che induce proprio la produzione degli ormoni T3 e T4 da parte della tiroide.
La tiroide influenza gran parte dell’organismo attraverso la produzione di due ormoni che controllano il metabolismo, ossia la trasformazione del cibo che mangiamo in energia: gli ormoni tri-iodorironina (T3) e gli ormoni Tiroxina (T4).
Per la sintesi di questi ormoni è indispensabile il buon funzionamento dell’ormone ipofisario TSH, una buone funzionalità epatica, un corretto apporto di iodio con la dieta, la presenza dell’aminoacido tirosina, di alcuni enzimi (tireoperossidasi TPO) e del selenio. La produzione di ormoni attivi tiroidei è legata anche alla presenza delle vitamine D, C, E, A.
La tiroide va considerata come il motore principale del metabolismo umano per cui quando la sua attività non è ottimale, ne risente tutto il sistema neuro-endocrino. Per incidere negativamente sul corpo intero, non è necessario che sia presente una patologia vera e propria della ghiandola, infatti questo è ciò che si verifica nella maggioranza della gente, bensì una ridotta biodisponibilità dell’ormone attivo. L’80% della produzione ormonale tiroidea è tiroxina o più comunemente conosciuta come T4. La maggior parte degli scienziati è concorde nel definire il T4 più come un “pro-ormone” piuttosto che un ormone vero e proprio. Esso, infatti è poco attivo, esprime solo la capacita funzionale della ghiandola ma, per poter essere utile al corpo umano deve essere convertito in T3 (triiodiotironina) in “periferia” ovvero fuori dalla ghiandola all’interno del fegato e del rene. Qui, grazie all’azione di un enzima (5-deiodinasi), al pro-ormone è tolto uno iodio e in questo modo è attivato. Solo il T3 riesce a penetrare facilmente nelle cellule dei tessuti dove espleta le sue funzioni fisiologiche, il T4 circola soltanto. Un altro enzima della famiglia delle deiodinasi, può tramutare il T4 in un altro tipo di T3 chiamato reverse T3 (rT3). Quest’ultimo possiede meno dell’1% dell’attività del T4 che, a sua volta è 3-8 volte meno attivo del T3 normale. Questo meccanismo spiega in modo molto più logico come mai una quantità così elevata di persone lamenti dei disturbi analoghi a quelli dell’ipotiroidismo senza avere né alterazioni del tessuto ghiandolare tiroideo né esami ematici di funzionalità (TSH, T4, T3) al di fuori della norma. Non è la tiroide che non funziona bensì l’enzima periferico (deiodinasi) deputato ad attivare il pro-ormone tiroideo.
Secondo un lavoro pubblicato sul British Medical Journal (320: 1332-1334; 2000), si focalizza l’attenzione sul fatto che i sintomi non sono mai considerati un criterio diagnostico , mentre in realtà spesso evidenziano la disfunzione nonostante la normalità dei dati di laboratorio. Sempre questo lavoro, durato vent’anni, dimostra come un TSH superiore a 2 sia associato ad un rischio aumentato di sviluppare ipotiroidismo.
L’alimentazione assume, un ruolo molto importante in caso di alterazione della tiroide.
In presenza d’ipotiroidismo è necessario ridurre i cibi ad alto contenuto di grassi idrogenati, burro margarine e oil vegetali di origine non nota (diversi dall’olio di oliva), e prevenire la mancanza di minerali fondamentali: ferro, magnesio, selenio Zinco, Iodio; Le vitamine necessarie per un corretto funzionamento sono le seguenti: A, B6, B12, C, D, E.
È consigliato l’uso di sale iodato, mentre sono da evitare le brassicacee (cavolfiore, broccoli e tutta la famiglia delle crucifere), note per la loro caratteristica di ridurre lo iodio disponibile.
In caso d’ipertiroidismo è bene eliminare tutte le sostanze eccitanti il sistema nervoso: caffeina, cola, bevande energetiche, e un eccesso di proteine animali.
È molto importante, inoltre, per ridurre lo stato infiammatorio generale dell’organismo, una valutazione delle abitudini alimentari del soggetto, poiché alcuni studi hanno evidenziato una stretta relazione tra alimentazione e funzionalità tiroidea. La leptina(adipochina), una sostanza prodotta dalle cellule del tessuto adiposo, esercita un’azione sia di tipo ormonale sia di tipo regolatorio sull’infiammazione. La ricerca sulle adipochine ha portato a capire come l’alimentazione condiziona molti degli aspetti ormonali (senza assunzione di cibo, comportamento che attiva la produzione di leptina, non viene attivata la funzione tiroidea) o crea i presupposti per lo sviluppo di alcune patologie.
Anche la resistenza insulinica determinata da una alimentazione scorretta può interferire con la funzione tiroidea. Quindi una adipochina infiammatoria e l’insulino resistenza indotta da scorrette abitudini alimentari e sedentarietà determinano una alterazione della funzione tioridea.
Non dobbiamo dimenticare l’importante ruolo che la “dieta” ha nell’equilibrio generale; con l’obiettivo di ridurre lo stato infiammatorio mediante regolazione del sistema immunitario avvalendoci della possibilità di valutare eventuali allergie/intolleranze alimentari e impostando un programma nutrizionale equilibrato e attività fisica indispensabile a stimolare il metabolismo ed utile a preservare e/o migliorare il tono muscolare.